In questi giorni si sta sentendo sempre più frequentemente parlare di peste suina africana. Cos’è? E che pericoli potrebbe comportare per la già precaria economia italiana? Leggi questo articolo per scoprirne di più.
La peste suina africana in Italia
Pochi giorni fa sono state trovate le carcasse di tre cinghiali morti (ora diventati quattro) a causa della peste suina africana.
Appena si è scoperta la causa, è iniziato subito un susseguirsi frenetico di provvedimenti per informare cacciatori e cittadini e invitarli a segnalare qualsiasi anomalia in modo da evitare la diffusione della malattia.
C’è di più, il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli e quello della Salute, Roberto Speranza, hanno firmato un’ordinanza in cui vietano le attività venatorie nelle zone infette del Piemonte (in 78 comuni) e della Liguria (36) in un’area che coinvolge in totale 114 comuni.
Nelle stesse zone è stata vietata la raccolta di funghi e tartufi, la pesca, il trekking e persino la mountain bike, tutte attività in grado di provocare interazioni con gruppi di cinghiali infetti che potrebbero spostarsi in altre zone.
Nel frattempo, ci sono stati i primi stop alle esportazioni di salumi e carni suine made in Italy da parte di Cina, Giappone, Taiwan e Kuwait . A queste si aggiungono le prime restrizioni anche dalla vicina Svizzera.
Cos’è la peste suina africana?
La Peste suina africana (PSA) è una malattia virale, altamente contagiosa, che colpisce suini e cinghiali, ma che non è trasmissibile agli esseri umani.
La PSA è causata da un virus della famiglia Asfaviridae, incapace di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti, e per questo ostacolo alla preparazione di un vaccino.
La presenza del virus nel sangue dura dai 4 ai 5 giorni e spesso conduce l’animale alla morte in tempi rapidissimi. Nel sangue prelevato è rilevabile fino a 18 mesi. Il virus è dotato di una buona resistenza in ambiente esterno e può rimanere in vita anche fino a 100 giorni, sopravvivendo all’interno dei salumi per alcuni mesi o resistendo alle alte temperature.
Come spiega il Ministero della Salute, è una malattia con un vasto potenziale di diffusione.
Per questo motivo, una eventuale epidemia di PSA sul territorio nazionale comporta pesanti ripercussioni sul patrimonio zootecnico suino, con danni ingenti sia per la salute animale, sia per il comparto produttivo e il commercio di animali vivi e dei loro prodotti.
I sintomi e la trasmissione negli animali
I sintomi principali negli animali colpiti sono:
- febbre
- perdita di appetito
- debolezza del treno posteriore con conseguente andatura incerta
- difficoltà respiratorie e secrezione oculo-nasale
- costipazione
- aborti spontanei
- emorragie interne
- emorragie evidenti su orecchie e fianchi.
La peste suina si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori, come le zecche.
La trasmissione indiretta si verifica attraverso attrezzature e indumenti contaminati, che possono veicolare il virus, oppure con la somministrazione ai maiali di scarti di cucina contaminati.
Lo smaltimento sicuro delle carcasse infette svolge un ruolo cruciale, vista la resistenza ambientale del virus che sopravvive fino a 4 anni.
Misure di contenimento
Nei Paesi infetti il controllo si effettua attraverso l’abbattimento e la distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri suini presenti all’interno dell’allevamento infetto.
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Fondamentali sono non solo l’individuazione precoce dell’ingresso della malattia, ma anche la delimitazione tempestiva delle zone infette, il rintraccio e il controllo delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati, le operazioni di pulizia e disinfezione dei locali e dei mezzi di trasporto degli allevamenti infetti, l’effettuazione delle indagini epidemiologiche volte ad individuare l’origine dell’infezione.
A causa del contagio provocato dalle carcasse, la semplice riduzione del numero di cinghiali non è risolutiva. Infatti, queste devono essere rinvenute e rimosse in modo sicuro.
Infatti, la presenza di carcasse infette consente la continua persistenza del virus nell’ambiente.
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